Si integra un nuovo tassello alla valutazione dell’affidabilità di terze parti, tra cui partner, investitori e soci, nonché nelle operazioni di M&A: è il cosiddetto “rating di legalità”, che da quest’anno comparirà direttamente all’interno delle visure delle imprese che ne faranno richiesta.
Grazie, infatti, ad un accordo siglato tra i provider di informazioni camerali e l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, sul finire di quest’anno nelle visure ufficiali estratte dal Registro delle Imprese sarà riportato un indice che calcoli l’affidabilità delle imprese passate al vaglio dell’autorità AGCM.
Si tratta, in realtà, di uno strumento di misurazione dell’etica aziendale risalente al 2012, volto a promuovere, attraverso un riconoscimento formale, il rispetto della legalità e la corretta gestione del business da parte delle aziende. Strumento, questo, in uso oggi solo ad AGCM, che pubblica ed aggiorna periodicamente sul proprio sito la relativa “classifica”, assegnando un punteggio alle imprese richiedenti.
Tale riconoscimento, infatti, per ora viene rilasciato esclusivamente su base volontaria ad imprese regolarmente iscritte da almeno due anni alle Camere di Commercio italiane, che abbiano quindi una sede operativa in territorio nazionale e un fatturato minimo di due milioni di euro ad esercizio. Di durata biennale, rinnovabile su richiesta, il rating è misurato con una progressione di “stelle” (da una a tre), attribuite dall’Autorità stessa sulla base delle dichiarazioni delle aziende, verificate grazie a controlli incrociati con i dati in possesso delle pubbliche amministrazioni.
L’Autorità certifica che le aziende classificate, oltre 3.000 ad oggi, non risultano commissariate, sono in regola con le disposizioni antimafia ed i loro esponenti significativi non sono né sono stati destinatari di misure di prevenzione e/o cautelari, né hanno alle spalle sentenze/decreti penali di condanna anche per reati tributari. Oltre a ciò, nei due anni precedenti la concessione del rating di legalità, le imprese non devono essere state coinvolte in illeciti antitrust, violazioni delle norme di salute e sicurezza, né degli obblighi retributivi, contributivi, assicurativi e fiscali nei confronti dei propri dipendenti e collaboratori. Ulteriori criteri di assegnazione si basano su aspetti di natura economico-finanziaria, tra cui la concessione di finanziamenti pubblici, la regolarità dei rapporti con la pubblica amministrazione, gli strumenti di accesso al credito bancario e la tracciabilità delle transazioni per pagamenti superiori ai mille euro (e non). Per garantirsi fino a tre stelle, inoltre, le aziende devono dotarsi di strutture organizzative che assicurino la compliance normativa, la corporate social responsibility e l’adozione di modelli di prevenzione e contrasto alla corruzione.
La pubblicazione del rating di legalità direttamente in visura permette di acquisire, in maniera diretta, un’informazione di valore sull’impresa, nel solco di un sempre più importante percorso di integrazione informativa tra le diverse banche dati pubbliche.
Invero, il percorso di certificazione appare oggi ancora piuttosto limitante, anche perché dipende, nella presentazione del tipo e numero di documenti in fase di ammissione al programma, da quante “stelle” un’impresa ritiene di essere pronta a guadagnare. Di per sé, poi, il vincolo imprescindibile dell’accesso volontario all’istituto circoscrive la pervasività dei controlli. Le condizioni di fatturato, inoltre, estromettono una consistente porzione di imprese dalla possibilità di certificazione, sebbene oggi le aziende classificate siano per lo più società a responsabilità limitata, molte delle quali PMI, operanti nel settore manifatturiero ed edile.
La nuova visibilità garantita al rating di legalità, fa, in generale, ben sperare per il futuro, rispetto all’accesso ai dati della pubblica amministrazione da parte di imprese ed analisti di intelligence. Non solo. Essa ben rappresenta un’importante inversione di tendenza nell’approccio ormai sempre più preventivo e predittivo alla verifica e validazione dell’affidabilità di terze parti, a scopo di tutela reputazionale e di business.