Il pedinamento, ovvero la tecnica di osservazione dinamica e discreta degli spostamenti di un individuo, rappresenta una delle attività di indagine principali per il soddisfacimento di diversi obiettivi investigativi. Che si tratti di accertare il corretto uso di permessi 104, una presunta simulazione di malattia o un secondo lavoro non dichiarato, questo è per molti versi lo strumento “classico” e cardine a disposizione di chi fa indagine.
La preparazione tecnica degli operatori investigativi riveste, quindi, estrema importanza. Gli stessi, infatti, non solo devono essere certificati dalle competenti Prefetture, ma devono anche essere costantemente aggiornati e formati in materia di indagine giuslavoristica. In senso più esteso, inoltre, devono conoscere le possibilità ed i limiti dell’indagine sul campo.
Nel moderno scenario tecnologico, tra queste possibilità si situa anche l’impiego di device elettronici a supporto dell’indagine, rappresentati fondamentalmente dal localizzatore satellitare. Tale tecnologia consente, infatti, di effettuare un monitoraggio a distanza, ancor più efficace nei casi di indagine che prevedano osservazioni di lunga durata nonché criticità legate a fattori situazionali e/o ambientali.
Il localizzatore, infatti, è un apparecchio elettronico di dimensioni ridotte che permette la rilevazione in tempo reale della posizione e dei movimenti compiuti da un veicolo. Una volta installato, aggancia i satelliti GPS e trasmette i dati captati ad un software collegato alla rete GSM, permettendo di identificare, su computer o smartphone, la posizione cartografica esatta in cui il target si trova.
Tra le caratteristiche più rilevanti vi è sicuramente la facilità di occultamento, sia all’interno del veicolo, sia all’esterno dello stesso tramite l’utilizzo di cover con potenti magneti, nonché quella di disporre di una batteria a lunga durata.
L’utilizzo di questo strumento a fini investigativi è consentito dal DM n. 269 dell’01/12/2010 per indagini in ambito privato, aziendale, commerciale ed assicurativo, dove all’art. 5 comma 2 è prevista “attività di osservazione statica e dinamica (c.d. pedinamento) anche a mezzo di strumenti elettronici”.
Molto si è dibattuto in giurisprudenza circa la liceità ed i limiti all’utilizzo di questa tecnologia, che secondo alcuni commentatori poteva configurarsi come interferenza illecita nella vita privata di un individuo (ex. art. 615 bis c.p.). Come ricordato in una recente ordinanza del Tribunale di Udine (11/2/2016) e sulla scorta di quanto già affermato dalla Corte di Cassazione (n. 28251/09), il localizzatore non si configura come uno strumento di ripresa visiva o sonora, né il veicolo (a maggior ragione se aziendale) è assimilabile a luogo di privata dimora. Vengono meno, insomma, i due elementi costitutivi del reato di interferenza illecita, così come disposto dalla legge.
Per altro, non configurando un’interazione diretta con l’investigato, l’impiego dei localizzatori rispetta anche le previsioni in materia di Privacy e di Codice Deontologico degli investigatori.
Del resto, non dobbiamo dimenticare che si tratta di uno strumento d’indagine più utile a supporto delle fasi operative dell’attività che alla produzione di prove da esibire in giudizio. Per quanto “classica”, infatti, l’attività di osservazione dinamica video e foto documentata, nonché certificata dal punto di vista della correttezza formale, resta un caposaldo anche in questi anni di pedinamento 2.0.