Ormai da diversi anni, la minaccia terroristica nelle isole meridionali delle Filippine ha portato ad un innalzamento dei pattugliamenti e dei controlli in tali aree, ma l’attacco su larga scala da parte di estremisti islamici avvenuto a metà maggio a Marawi sembra aver colto di sorpresa le forze locali. La città è finita sotto il controllo di IS e il Presidente delle Filippine, Rodrigo Duterte, il 23 maggio ha dichiarato la legge marziale per 60 giorni (così come previsto dalla costituzione) nella città, estendendola a tutta l’isola del Mindanao. Tra gli estremisti islamici, i più radicati nell’isola appartengono al gruppo Maute, seguiti dagli estremisti islamici appartenenti al gruppo Abu Sayyaf.
Il gruppo Abu Sayyaf venne costituito nel 1990 da Abdurajak Abubakar Janjalani, in seguito alla scissione dal gruppo “madre” il Moro National Liberation Front (MNLF); la motivazione della scissione è da ricondurre alla visione ben più integralista dell’Islam del suo fondatore e alla volontà di aperto conflitto contro le autorità filippine. Infatti, il MNLF dichiarò il cessate il fuoco nel 1996 e iniziò un dialogo con il Governo, interrotto nel 2000 a causa di attacchi di truppe governative nei campi del MNLF. A differenza del nuovo gruppo, il MNLF era più moderato e si limitava a chiedere la creazione di una tredicesima provincia autonoma nel sud del Paese, mentre il chiaro intento di Abu Sayyaf era di scatenare una guerra di religione tra Musulmani e Cattolici (le Filippine hanno una forte tradizione cristiana). Un ruolo cruciale è stato svolto da Mohammed Jamal Khalifa, uomo d’affari proveniente dall’Arabia Saudita e finanziatore del gruppo terroristico nei primi anni di attività.
Nonostante l’intervento dell’esercito e l’immediato tentativo di fuga da parte della popolazione di Marawi, sotto assedio da parte di IS, molti civili sono ancora bloccati e si stima che almeno 500 persone non siano riuscite a lasciare in tempo la città, il capo della polizia è stato decapitato ed un prete cristiano con 15 fedeli presi come ostaggi.
Od oggi, le forze di sicurezza avrebbero colpito ed ucciso circa 26 terroristi, facilitando la fuga a più di 1650 persone.
Ma tutta l’isola di Mindanao registra un rischio elevato legato alla minaccia terroristica: è di stanotte la notizia relativa all’assedio ed alla presa di alcuni ostaggi in una scuola elementare di Pigcawayan, 160 km a sud di Marawi.
Oltre allo scontro tra estremisti islamici e forze di sicurezza, tutta l’isola di Mindanao corre il rischio di vivere una vera e propria guerra civile tra musulmani e cristiani: la Regione Autonoma del Mindanao Musulmano nasce nel 1981 proprio con l’obiettivo di ospitare la stragrande maggioranza di fedeli musulmani presenti nell’isola. L’assedio da parte di IS però, potrebbe portare ad una corsa agli armamenti da parte della popolazione cristiana che intende difendersi dagli attacchi, innescando quindi una guerra civile. Proprio le parole del Presidente Duterte sottolineano il rischio di un armamento da parte della popolazione (che sarebbe già in atto) e le necessità di imporre la legge marziale al fine di controllare il territorio ed il traffico di armi.